giovedì 18 novembre 2010

L’iter per impianti fotovoltaici in zona agricola

Le normative regionali sono differenti tra loro, quindi non esiste – al momento – una procedura univoca per chi voglia dotarsi di impianto fotovoltaico. Ecco un case study e alcune dritte.


Questa è una domanda che spesso mi viene fatta, nella mia attività di consulente ambientale. La risposta, tuttavia, non può essere univoca – soprattutto, ma non solo, a causa della normativa a cascata.
Come spesso accade, infatti, anche nel settore energetico le regole cambiano da Regione a Regione e le competenze attribuite agli enti locali non sempre sono le medesime.
Quindi, al di là della normativa quadro statale (di cui abbiamo cominciato a fare qualche cenno nei post precedenti) e di quella di attuazione da essa derivata, occorre studiare la specifica normativa regionale. E le varie delibere attuative, che a loro volta rimandano a ulteriori documenti.


Un ruolo fondamentale nell’interpretazione di queste norme è svolto dalla giurisprudenza, capace (spesso, ma non sempre) di dare risposte concrete a problemi reali, liberando le norme dalla clausura delle gazzette ufficiali.


La vicenda che vi voglio raccontare oggi è ambientata in Puglia, dove la Regione – nelle more dell’adozione delle linee guida previste dal comma 10 dell’art 12 del D.Lgs. n. 387/03 (di cui ho già parlato nelle pagine di questo blog) – ha indicato i propri indirizzi e la regolamentazione delle procedure.
Infatti la Puglia, come sapete, è interessata da un elevato numero di iniziative per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in considerazione delle particolari caratteristiche del territorio, della ventosità e dell’insolazione.


In estrema sintesi: la Regione Puglia ha effettuato una distinzione generale, in base alla quale ci sono impianti la cui realizzazione è subordinata a un’autorizzazione unica regionale, altri per cui la stessa non è stata ritenuta necessaria e – infine – impianti che sono soggetti alla D.I.A., in deroga all’autorizzazione unica regionale.
Fra questi ultimi compaiono “gli impianti fotovoltaici con potenza superiore a 20 KWp e fino a 1 KMp, realizzati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, dovendosi tener conto, nell’ubicazione, di quanto specificato nell’art. 12, comma 7, del D.Lgs. n. 387/2003”.


Cos’è successo nella vicenda in questione?
Un Comune pugliese aveva adottato alcuni provvedimenti, con cui veniva comunicata la decadenza dalla denuncia di inizio attività: nell’inevitabile ricorso innanzi al giudice amministrativo, presentato tempestivamente dagli interessati alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico, sono state dedotte numerose violazioni – che chi vuole può approfondire leggendosi il testo integrale della sentenza (TAR Bari, n. 983/09)


In questa sede, ritengo opportuno soffermarmi sui punti principali della vicenda, che hanno riguardato:


aspetti urbanistici: il tribunale amministrativo di Bari, nell’accogliere parzialmente il ricorso, ha evidenziato che, in assenza di una specifica previsione normativa, anche alla denuncia di inizio attività deve ritenersi possibile l’applicazione degli istituti previsti per il permesso di costruire, perché entrambi gli istituti hanno in comune la natura di “titoli edilizi”
i limiti della discrezionalità amministrativa in materia di governo del territorio: i Comuni possono prevedere aree specificamente destinate a impianti fotovoltaici? La risposta affermativa è contemplata dall’art. 12, comma 7, del D.Lgs. n. 387/03, il quale prevede che “nell’ubicazione (degli impianti fotovoltaici) si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale…”. È solamente in mancanza di una simile previsione conformativa che questi impianti possono essere localizzati in tutte le zone agricole senza alcuna distinzione
l’individuazione del momento in cui i lavori relativi agli impianti alimentati da fonti rinnovabili devono ritenersi iniziati: la risposta è stata data dalla finanziaria del 2008, che ha richiesto la disponibilità delle aree destinate a ospitare l’impianto e l’accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica formulato dal gestore competente (o, in alternativa all’accettazione del preventivo di allacciamento alla rete elettrica). Si tratta di una normativa speciale e successiva a quella generale prevista in materia edilizia: il Collegio ha voluto, in sostanza, dire che non si tratta di opere meramente edilizie a cui si applicherebbe il concetto classico di “inizio lavori” (in base al quale i lavori possono ritenersi iniziati solo allorquando le opere intraprese sono di consistenza tale da manifestare in modo concreto e palese il serio intento di realizzare il complesso delle opere autorizzate). Per questo motivo, il TAR di Bari ha accolto il ricorso, con il quale si chiedeva l’annullamento di un telegramma dell’Amministrazione comunale coinvolta, con il quale veniva comunicata la decadenza del titolo edilizio per la realizzazione di un impianto fotovoltaico su un suolo in agro comunale, sul “presupposto” che i lavori non fossero ancora iniziati e che il progetto contrastasse con la disciplina urbanistica adottata dal Consiglio Comunale.


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